La menopausa è un quadro il sindromico variegato e individuale, molte donne notano un sintomo che le disturba e le spaventa: la perdita di concentrazione e di memoria. Nella stragrande maggioranza queste situazioni rimangono stabili e solo dopo molti anni quando andrà in crisi sistema nervoso centrale, alcune pazienti, potranno avere un peggioramento significativo.
Category: ginecologia biologica
Interruzione Volontaria di Gravidanza e Spirale
L’Interruzione Volontaria di Gravidanza (IVG), anche detta aborto provocato, in Italia è regolamentata dalla legge 194/78 e viene praticata in strutture pubbliche o private accreditate. Il percorso che porta una donna all’IVG può essere misto (certificato medico del ginecologo privato e poi IVG in strutture abilitate), oppure inizia e termina in una struttura pubblica (consultorio familiare e ospedale).
- Settembre, 14
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Ginecologia e celiachia
Abstract: la celiachia deve essere sempre presente nelle mente del ginecologo che deve affrontare problematiche complesse.
La Celiachia fino a 15 anni fa veniva inquadrata dai medici come patologia intestinale con sintomi prevalentemente gastroenterici e qualche riflesso di malassorbimento.
Oggi la celiachia è una condizione clinica sindromica (può interessare quasi tutti gli apparati con sintomatologia variegata) di interesse internistico. La diagnosi è facile purchè ci si pensi.
I sintomi di interesse ginecologico correlati alla celiachia sono:
- Cervicovaginiti
- Leucorrea cronico recidivanti, nel contesto di una patologia del MALT e non solo.
- Disturbi del ciclo mestruale: oligo ‚ amenorrea, dismenorrea. La celiachia può indurre stress (nel significato estensivo di disturbo) sia sul Sistema Immunitario con il possibile innesco dell’autoimmunità e la conseguente produzione di autoanticorpi anti-ovaio, sia sul Sistema Endocrino nelle contesto di un’alterazione PNEI.
- La menopausa anticipata un media di 7 anni rispetto ai controlli.
- L’osteoporosiè più precoce e più grave sia per la menopausa anticipata, sia per il malassorbimento intestinale, ma anche per l’aumento della Interleuchina 6 (citochina pro infiammatoria) che peggiora l’osteoporosi.
Patologia ostetrica e celiachia:
- Poliabortività: nelle celiache gli aborti sono 9 volte più frequenti rispetto ai controlli.
- Malformazioni per difetti di chiusura del tubo neurale e labiopalatoschisi piùfrequenti.
- Feti con basso peso alla nascita.
L’influenza della celiachia sulla riproduzione è da mettere in relazione sia all’aspetto carenziale sia agli aspetti autoimmuni. Quindi in presenza di queste condizioni ostetrico ginecologiche approfondire sempre l’anamnesi chiedendo sempre se l’intestino funziona “bene” (diarrea, coliche, meteorismo) in questo caso approfondire le indagini e guardare con diffidenza il glutine i derivati.
- Settembre, 14
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Sindrome dell’Ovaio Poli Cistico
Abstract: La PCOS è la maggiore causa di infertilità nelle donne. E’ un disordine endocrino metabolico complesso, di cui la Medicina Accademica tratta solamente e settorialmente i sintomi.
Parole chiave: anovularietà, irsutismo, infertilità.
La Sindrome dell’Ovaio Poli Cistico, o PCOS, è un disordine endocrino-metabolico che colpisce il 5-10% della popolazione femminile ed è la causa più frequente di infertilità nelle donne. Nel 2003 a Rotterdam sono stati definiti i criteri, tutt’oggi validi, per porre diagnosi di PCOS; la paziente deve avere due dei seguenti tre sintomi: 1) oligo-anovularità; 2) iperandrogenismo; 3) cisti ovariche, ecograficamente rilevate, disposte prevalentemente sulla corticale ovarica. Tale situazione clinica è definita sindrome perché tra i diversi sintomi la combinazione è la più varia; i più importanti sono: oligo-amenorrea; infertilità da anovularietà; segni di iperandrogenismo (alopecia, irsutismo, acne, dermatite seborroica, obesità centrale (a mela).
Le alterazioni ormonali che si riscontrano sono: aumento del rapporto LH/ FSH (> 2.5); aumento degli ormoni maschili (testosterone, DHEA-S, androstendione); bassi livelli di SHBG (globuline che legano gli ormoni sessuali steoidei); iperinsulinemia. Questa sindrome è la dimostrazione di come lo sguardo selettivo con campo di osservazione ristretto non riesca a cogliere l’essenza globale del problema. Fino a circa 20 anni fa la PCOS era considerata uno squilibrio interno alla sfera sessuale e ai rapporti tra ipofisi e ovaie; negli ultimi anni, invece, si è accertato che l’insulina influenza le cellule della teca ovarica modificando la produzione degli androgeni, inoltre interviene sul fegato facendo diminuire i livelli di SHBG (con conseguente iperandroginismo relativo), aumenta la biodisponibilità dell’IGF-1 (che influenza la funzione ovarica degli androgeni), e in ultimo sembra alterare la pulsatilità dell’LH dell’ipotalamo.
La PCOS, quindi, da malattia ginecologica diventa una malattia di interesse internistico, dato che il 40% delle donne affette da questa sindrome presenta una ridotta tolleranza al glucosio, e un 15% nel tempo svilupperà un diabete di tipo 2. Il ginecologo, quindi, ha in mano la possibilità reale di fare medicina preventiva primaria nei confronti della sindrome metabolica o sindrome X <<iperglicemia a digiuno (>100 mg/dl); ipertensione arteriosa (>130/85); ipertrigliceridemia (>150 mg/dl); ridotto colesterolo HDL: (<=40 mg/dl nel maschio e <=50 mg/dl nelle femmine); circonferenza vita (94 cm nei maschi e di 80 cm delle femmine) che è gravata da un notevole aumento del rischio cardiovascolare. Il ginecologo che pratica la medicina integrata facendo cambiare alla paziente lo stile di vita (corretta alimentazione e adeguato movimento), e instaurando idonee terapie (omeopatia, omotossicologia e, oggi, anche la SAT Terapia) avrà la possibilità di riequilibrare i sistemi endocrino-metabolico della paziente.
- Settembre, 14
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Osteoporosi: cosa fare
Abstract: con terapie biologiche, cambiamento dello stile di vita, si possono ottenere risultati analoghi, se non migliori di quelli della terapia chimica, senza effetti collaterali.
Parole chiave: esposizione al sole, dieta ipoproteica, ginnastica propiocettiva.
Alla base della terapia dell’osteoporosi ci sono:
- una adeguata quantità di vitamina D circolante ottenuta o per esposizione al sole -viso, braccia- per 20 minuti al dì nei mesi estivi, e assunta nei mesi invernali;
- un’adeguata introduzione di Ca++ con alimenti vegetali;
- una attività fisica con sufficiente stimolazione propiocettiva (fare fatica);
- una alimentazione biologicamente corretta.
Fonti di calcio di origine vegetale:
- Frutta:mele, pere, prugne,ciliege,fragole, agrumi;
- Verdure a foglia verde: lattuga, crescione, spinaci, finocchi, rucola, ecc.;
- Crocifere: broccoli, broccoletti di Bruxelles, cavolfiori;
- Ombrellifere: prezzemolo, carote, cerfoglio;
- Frutta secca: mandorle, noci, noccioline;
- Tofu
- Latte di soia arricchito
- Fichi e datteri.
Alimenti da preferire | Alimenti da evitare |
· Cereali integrali (in part. miglio)
· Semi (in part. sesamo) · Verdure (a foglie e a radice) · Legumi (in part. soia) · Vitamina C (in forma naturale) · The bancha Germogli (in part. alfa alfa) · Prugne umeboshi · Limone · Alghe |
· Formaggi
· Latte e latticini · Pomodoro e patate · Proteine animali (in part. carne) · Vitamina C di sintesi · Caff√®, vino e alcolici in genere · Zuccheri raffinati |
Cosa fare per avere delle ossa solide
- Accumulare Vit.D. Il Ca++ di derivazione lattaria riduce la concentrazioni di vit. D.
- Esporre 15-20 minuti al dì il viso e le mani alla luce.
- Privilegiare le proteine vegetali (legumi, soia, ecc.), e quasi eliminare quelle animali.
- Mangiare più verdure e frutta che contengano Ca++. Questo Ca++ è biodisponibile.
- Mangiare 4 mandorle al dì.
- Non assumere alcool. Blocca l’assorbimento del Ca++.
- Non aggiungere sale alle pietanze. Il sodio estrae il Ca++ dalle ossa.
- Non fumare. Le donne che fumano 15-20 sig./die hanno, in menopausa, il 10% di densità ossea in meno.
- Fare esercizio fisico. L’informazione propiocettiva che il movimento invia all’osso è quella di essere più solido, questo è vero a 20 come a 70 anni, quindi le ossa si possono rinforzare sempre.
La terapia dovrebbe cercare di far regredire la perdita di calcio delle ossa, ma i farmaci attualmente usati (bifosfonati, alendronati, , ecc.) non possono garantire in tempi ragionevolmente brevi un miglioramento dai valori della MOC, (Mineralometria Oseea Computerizzata).
Con terapie biologiche, cambiamento dello stile di vita, si possono ottenere risultati analoghi, se non migliori di quelli della terapia chimica, senza effetti collaterali.
- Settembre, 14
- 979
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Osteoporosi
Abstract: L’osteoporosi è una diffusa malattia ossea che colpisce in particolar modo la donna dopo la menopausa. Il principale fattore di rischio è la dieta iperproteica.
L’Osteoporosi è una malattia degenerativa che peggiora la qualità dell’osso, e quindi la sua resistenza alle fratture, caratterizzata dalla diminuzione del calcio nelle ossa; la cosa più importante da dire è che questa diminuzione non è dovuto a un ridotto apporto del calcio totale (Ca++), ma a un aumento delle perdite di Ca++. La causa della massiva mobilitazione del Ca++ dalle ossa è la dieta iperproteica che si instaura fin dall’adolescenza, e nell’era dell’abbondanza, non viene mai interrotta. Tale situazione, spesso, non consente di raggiungere la massa ossea ottimale, ciò predispone, la donna, alla comparsa dell’osteoporosi quando cessa la funzione ovarica (ipoestrogenismo).
Altri fattori di rischio per l’osteoporosi sono: Familiarità – Ridotto peso corporeo – Ridotta massa muscolare – Menopausa precoce – Vita sedentaria – Ridotto apporto alimentare di calcio – Fumo – Eccessivo consumo di alcool e caffè – Turbe dell’assorbimento intestinale – Terapia steroidea, anticoagulanti e anticonvulsivi.
L’altra verità sul latte – Il latte vaccino è destinato al vitello che raddoppia il peso in circa 40 giorni e in un anno di vita prenderà circa 140 Kg; questo alimento portentoso, rispetto al latte umano è 3 volte più ricco di proteine, 2 volte più grasso. Comunque, anche il vitello, come tutti gli animali dopo lo svezzamento non assumerà più latte. L’unica specie animale che continua a nutrirsi di latte, per giunta di un’altra specie, è l’uomo. Nel latte vaccino, inoltre, ci sono delle sostanze che nell’uomo potrebbero creare problemi, anche seri: solo i lattanti producono lattasi per la sua digestione; caseina, presente il 300 % in più rispetto a quello umano, irritante per il sistema respiratorio, dopo i 4 anni l’uomo non è più capace di digerirla; IGF-1 o somatomedina, stimola la crescita dei neonati, diminuisce dopo la crescita, quando è alto nel sangue aumenta il rischio di cancro, questo ormone non viene distrutto né dalla pastorizzazione, né dalla digestione.
Il latte vaccino è così ricco di calcio perché la mucca si nutre di vegetali; quindi, se la specie umana vuole ridurre il rischio di Osteoporosi, tra le altre cose, deve tornare a consumare più verdure e frutta come raccomanda l’Organizzazione Mondiale della Sanità che ha osservato che dove c’è maggior consumo di latte e latticini è più alta l’incidenza dell’Osteoporosi. In merito alla relazione tra il latte e l’osteoporosi si deve ricordare che il latte e i formaggi sono cibi acidificanti; l’acidità non è amica della salute, quindi l’organismo mette in essere ogni reazione per tamponare tale situazione. L’elemento chimico con alta capacità tamponante e presente in grande quantità nel corpo è il calcio, quindi l’osso diventa il grande fornitore di calcio per contrastare questa situazione.
Quindi una dieta ipoproteica (0,75/1gr di proteine proKg/die) è alla base di qualunque terapia che tenga conto della fisiologia per frenare o migliorare l’osteoporosi. Per sapere come comportarsi in caso di osteoporosi, leggi il prossimo articolo.
- Settembre, 14
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Virus del papilloma umano: secondo me
La terapia delle lesioni pre-neoplastiche o in situ (CIN2, CIN3) è ablativa (asportazione) o, più raramente, distruttiva; la decisione dipende dalla localizzazione, dalla estensione e dalla profondità della lesione stessa.
Nelle situazioni in cui non sono indicate queste opzioni (presenza HPV ad alto rischio senza patologia conclamata o con lesioni che permettono di attendere – L.SIL), la Medicina Accademica propone l’osservazione e l’attesa.
In tutte le malattie sostenute da agenti infettivi (batteri, virus) si gioca una partita tra Sistema Immunitario (SI) del paziente e ospite indesiderato. Se la partita viene vinta dall’agente infettante significa che l’apparato difensivo dell’organismo non è stato efficiente. Questo è quello che avviene anche nell’infezione da HPV.
Dal momento dell’infezione a quando, sfortunatamente, insorge un cancro del collo dell’utero passa in genere moltissimo tempo, durante il quale se la paziente ha un HPV test positivo la Medicina Accademica sta a guardare, pronta ad intervenire se qualcosa non va (non dimentichiamo che esistono i cancri veloci).
Se allarghiamo il campo di osservazione, passando dalla malattia al malato, scopriremo che un alto numero di pazienti con CIN2 e CIN3 hanno titoli anticorpali di IgG per il CMV (Citomegalovirus) e/o per EBV (Epstein Bar Virus), spesso fuori lettura rispetto al massimo letto dalla macchina. Questa situazione si ritrova con la stessa percentuale in pazienti con malattie autoimmunitarie.
Il CMV e l’EBV sono dei virus molto ‚pesanti per l’organismo,e richiedono molto impegno per essere debellati; spesso, perciò la battaglia vinta lascia sul campo strutture antigieniche che continuano a stimolare il SI della paziente inducendo una disimmunità.
La medicina biologica, può provare a disattivare questa bomba che questi pazienti si portano dentro. Dato che il tempo a disposizione dall’infezione all’insorgenza di patologia è molto lungo abbiamo la possibilità di mettere in campo delle terapie per aiutare il SI in tutte le sue sezioni: linea cellulare tissutale addetta alla processazione e presentazione del virus ( linfociti, macrofagi, cellule dendridiche); linea umorale o anticorpale (linfociti B); linea cellulare (linfociti TH1 e NK: contro il virus e cellule neoplastiche).
Questi tentativi terapeutici possono avvalersi della Microimmunterapia o della SAT Terapia. Contattami.
- Settembre, 14
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Virus del papilloma umano (HPV)
L’HPV è una causa certa di cancro del collo dell’utero. Le donne con HPV test positivo non vivono tale situazione con serenità, anche se sono informate di tutte le possibilità di trattamento che la Medicina Accademica mette loro a disposizione.
Le ricerche di Harald zur Hausen sul ruolo del Virus del papilloma umano (HPV) come causa del cancro del collo dell’utero gli hanno valso il premio Nobel per la medicina nel 2008. L’HPV (Human Papilloma Virus) è il primo virus a essere riconosciuto come causa certa di cancro, e precisamente del collo dell’utero. Esistono 100 sierotipi di HPV, classificati in base alle affinità del DNA; l’unica classificazione che interessa i ginecologi clinici è quella che li distingue in HPV ad alto rischio di far sviluppare un cancro della portio e in HPV a basso rischio. I sierotipi responsabili di circa il 70% dei cancri della portio sono il 16 e il 18, per i restanti casi hanno molta importanza il 31, il 33, il 45, il 52. Il primo evento che necessario per far iniziare la sequenza che, eventualmente dopo molti anni in una piccolissima percentuale di donne porterà al cancro della cervice uterina, è l’ingresso di un HPV ad alto rischio in una zona “traumatizzata” della mucosa del collo dell’utero. Il secondo evento è la persistenza dell’infezione, ossia il virus deve permanere per molto tempo nella mucosa della porzio. Gli studi dimostrano che, il 60% degli HPV test positivi, dopo un anno si negativizzeranno. Il terzo evento è l’integrazione del DNA virale con quello della cellula squamosa, ciò avviene per l’espressione della proteina E6 che si lega al gene p53 e interferisce con la riparazione del DNA e l’innesco della apoptosi e della proteina E7 che legandosi alla proteina del retinoblastoma impedisce il blocco del ciclo cellulare. A questo punto tutto è pronto per far diventare una cellula squamosa del collo dell’utero una cellula con potenzialità neoplastica; ciò accadrà se il Sistema Immunitario (SI) della donna non è stato competente nella difesa verso i virus, e purtroppo le linee cellulari- impegnate nella protezione verso i virus sono le stesse che proteggono dalle cellule neoplastiche.
Dopo l’integrazione del DNA dell’HPV in quello della cellula a livello istologico avverranno una serie di alterazioni (L-SIL, H-SIL che comprende il CIN2 e CIN3) che potranno portare a un cancro invasivo del collo dell’utero; tutti questi passaggi, se accadranno, giacché per ogni passaggio ci sono percentuali di regressione, necessitano di svariati anni. Il compito della prevenzione (I livello pap-test; 2 livello: HPV test, colposcopia, biopsia) è quello di intercettare la patologia in fase preneoplastica o in situ e quindi curabile nel 100% dei casi. L’HPV test consente di identificare nei tessuti cervicali la presenza del virus ad alto rischio. Se il test è positivo e non c’è patologia (pap test normale, colposcopia normale) la Medicina Accademica consiglia controlli ravvicinati e osservazione nel tempo; una condizione che va guardata con molta attenzione è quella delle pazienti trattate per patologia pre-neoplastica o in situ nelle quali persiste la positività dell’HPV test, dato che il SI ha dato prova di essere non efficiente. Questo comportamento della MA è dovuto dalla mancanza di possibilità terapeutiche mediche che possano intervenire sul SI e sull’organismo della paziente per consentire l’eliminazione del HPV. Le donne con HPV test positivo, specialmente se già trattate, sapendo di essere portatrici di un virus certamente oncogeno, anche se con controlli negativi, non possono vivere tale situazione con serenità.
- Settembre, 14
- 762
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Vaginosi batterica: secondo me
Il quadro clinico della vaginosi batterica descritto nel precedente articolo, impone delle considerazioni più complesse, soprattutto alla luce delle seguenti osservazioni:
- le culture evidenziano molti germi contemporaneamente in vagina;
- non ci sono segni vaginali di flogosi, a meno che non si sia sovrapposta una altra infezione;
- la recidiva è molto frequente in questa condizione clinica.
La salute, secondo la concezione omotossicologica, è caratterizzata da un equilibrio tra le tossine prodotte e/o incamerate e le tossine eliminate mediante i quattro organi emuntori primari (cute, intestino, reni, polmoni). Se c’è un eccesso di produzione e/o un deficit emuntoriale l’organismo tende a stoccare‚ le tossine, forzando l’omeostasi e, oltre un certo limite, spingendo l’organismo verso la malattia.
Quindi, di fronte a questa situazione clinica, il corpo umano, che sceglie sempre il male minore, apre delle porte accessorie per drenare le tossine; le vie aperte potrebbero qualunque mucosa. Se qualche mucosa presenta una meiopragia (debolezza) si può scatenare una vera patologia flogistica: cistiti, sinusiti, bronchiti, dermatiti, faringiti.
Nella donna la mucosa che più spesso viene scelta è quella vaginale e possiamo considerarlo un male minore; ai fluidi di drenaggio, si sovrappone sempre una popolazione di germi anaerobi (parassiti) che causa il cattivo odore.
Questa mia interpretazione è avvalorata dalle riflessioni precedenti e da una attento e non miope controllo clinico della paziente nel tempo. Se dopo la terapia locale, infatti, nel giro di 3-4 mesi non recidiva la vaginosi batterica, spesso compariranno sintomi irritativi in altre mucose (migrazione della flogosi).
Concludendo, la terapia della vaginosi batterica, deve sempre prevedere, accanto alla terapia topica allopatica (spesso necessaria per il disconfort socio-sessuale) una terapia di drenaggio di tutto l’organismo; in questo modo non eviteremo la recidiva. Tali terapie per la vaginosi batterica sono applicate dal mio studio di ginecologia a Roma.
- Settembre, 14
- 801
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Vaginosi batterica
Abstract: la vaginosi batterica è la più frequente infezione batterica della vagina. La causa della vaginosi batterica non è del tutto chiara; infezione potrebbe essere secondaria alla presenza in vagina di un ambiente favorente.
La vaginosi batterica è un’alterazione dell’ecoambiente vaginale, con prevalenza di germi anaerobi. La causa della vaginosi batterica non è chiara; in molte statistiche è considerata la più frequente infezione batterica della vagina. Tra le cause alcuni autori enfatizzano i comportamenti sessuali, ma le evidenze cliniche sembrano sminuire la loro importanza; infatti la vaginosi batterica compare anche nelle vergini e nelle donne che non hanno rapporti sessuali. La relazione tra questa condizione clinica con l’uso di deodoranti, spray intimi, salva slip, l’uso di pantaloni attillati, a mio avviso è da considerarsi aneddotica; queste situazioni, comunque, vanno sempre evitate se si vuole rispettare la fisiologia dei genitali femminili. La sintomatologia più classica della vaginosi batterica è: perdite vaginali bianco-grigiastre, a volte molto abbondanti, liquide, contenenti microbolle di aria, caratterizzate da cattivo odore (pesce avariato); quest’ultimo sintomo è causato dalla presenza di germi che producono amine aromatiche (cadaverina, putrescina). L’attrito sulla cute della biancheria intima o dei salva slip umidi può causare irritazione esterna, bruciore, raramente prurito.La diagnosi si avvale della clinica e la presenza di 3 su 4 di questi criteri: Secrezione grigia, Secrezione vaginale pH > 4,5, Odore di pesce al sniff test, Clue cells (al microscopio).
La terapia proposta dalla Medicina Accademica si basa sull’uso di chemioterapici (metronidazolo) o antibiotici (ampicillina) per uso sistemico (per bocca) e/o un trattamento locale con antibiotici (clindamicina). Questa terapia risolve lo stato clinico della paziente in una percentuale altissima, ma la regola aurea della vaginosi batterica è la recidiva nel giro di 4-5 mesi in una percentuale elevata di casi (circa 70% dei casi). Il mio parere sulla vaginosi batterica nel prossimo articolo.
- Settembre, 14
- 911
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